Il Vangelo di oggi

MISERICORDIAE VULTUM IN AETERNUM ADOREMUS.."[O Dio] continua ad effondere su di noi il tuo Santo Spirito, affinché non ci stanchiamo di rivolgere con fiducia lo sguardo a colui che abbiamo trafitto: il tuo Figlio fatto uomo, Volto splendente della tua infinita misericordia, rifugio sicuro di tutti noi peccatori bisognosi di perdono e di pace nella verità che libera e salva. Egli è la porta attraverso la quale veniamo a te, sorgente inesauribile di consolazione per tutti, bellezza che non conosce tramonto, gioia perfetta nella vita senza fine .."(PAPA FRANCESCO)

Fotomontaggio realizzato da Antonio Teseo
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lunedì 18 giugno 2012

Critica su una ricostruzuine 3D del volto sindonico



Commenti di Antonio Teseo in:
http://www.youtube.com/watch?NR=1&v=Rlyfd8jruYE&feature=endscreen

Da ricercatore che studia la S. Sindone di Torino e il Volto Santo di Manoppello da più di venti anni vorrei che fosse chiaro questo concetto:
"Il più grande errore che commette qualsiasi studioso che si avvicina alla S. Sindone, è quello di credere che l'immagine impressa su questo lino sia un negativo fotografico". La verità scientifica ci dice invece che la figura è indefinita ed è caratterizzata dal rapporto tra una più o meno intensità di luce e una più o meno densità di sangue.

(2a fig. a destra) immagine spettroscopica ottenuta dalla sovrapposizione del Volto Santo alla S. Sindone da cui si può osservare la variazione dell'intensità dei raggi della Luce Celeste che aveva illuminato il S. S. Sudario di Cristo. Cliccare sulle figure per vederle ingrandite.
(1a fig. della seconda coppia d'immagini) qui vediamo la variazione della densità di sangue che si era impressa sul lino sindonico prima ancora che il liquido ematico avesse subito delle trasformazioni chimiche di cui accennerò appena sotto.









Il sangue impresso, che assieme ad un riflesso di luce ha formato l'immagine (il riflesso è osservabile in un chiarore di fondo), ha subito dei processi chimici di ossidazione e disidratazione. Il suo fissaggio nel lino è avvenuto per proiezione, perché il lenzuolo tombale ha ricevuto delle scariche elettriche per mezzo di emissione di raggi nell'ultravioletto. La causa di questa irradiazione è stata la smaterializzazione del corpo di Cristo in Luce Eterna (Lc. 17, 24-25).
Ciò che noi osserviamo del Volto della S. Sindone, non è altro che l'immagine del sudario, il quale, nel sepolcro, servì per coprire il viso di Gesù dopo la morte (vedi sotto le sue pieghe con i punti d'incrocio facilmente rintracciabili). Il drappo di bisso, nel giorno della Santa Pasqua del Signore, venne illuminato dalla Luce Eterna e fu proprio nella Luce che apparve il Volto Santo di Manoppello.

Comparazione del Volto della S. Sindone "1a immagine" con il Volto Santo di Manoppello "3a immagine"

Dalla sovrapposizione della prima figura alla terza, ottenuta mediante un rafforzamento di contrasto al computer, si può osservare un Volto incredibilmente sfigurato dal sangue della Passione e anche dei segni ematici che hanno macchiato i bordi di alcune pieghe, le quali, come ho già detto, non sono del lenzuolo tombale della sindone, bensì del sudario sepolcrale di Manoppello (vedi fig.2).
Cliccare sulle immagini per vederle ingrandite e verificare attentamente il risultato della mia ricerca.

Ecco perché il Volto Santo di Manoppello è un ologramma. Esso, essendo stato formato dalla Luce Eterna, adempie la profezia di Isaia, 52, 14-15: in questa Effigie ci sono i segni del Volto sfigurato di Cristo "Risorto dai morti" e ci sono i segni del Volto trasfigurato di Cristo "Risorto, perché illuminato anche dalla Luce del Padre, e salito al cielo".

Sotto, la luce del Padre che ha illuminato il Volto del Figlio risorto

Quando Gesù fu deposto nella tomba, la porta chiusa del sepolcro si trovava posizionata ad Est.
Nel simbolismo ebraico, il sorgere del sole a Levante - e quindi a destra rispetto alla direzione di Est-Nord-Est in cui era orientata la fronte di Gesù - significava risurrezione dai morti, proiettarsi cioè in preghiera con l'anima verso la sede dove si trovava il Padre nei cieli. Un giorno sarebbe stato proprio il Padre ad aprire i sepolcri, illuminare le tenebre della morte e quindi risuscitare i giusti, facendoli uscire dalle tombe.
Ora, nel terzo giorno dalla morte di Gesù, un forte terremoto ribaltò la grossa pietra servita per chiudere il sepolcro e dalla porticina della stanza buia, che si trovava un po' più in alto del pian terreno dove era disteso il corpo del Signore, entrò la luce del Padre dal lato in cui i santi occhi del Sacro Volto, nell'attimo della risurrezione, guardarvano.

Esistono decine di testi apocrifi che ci parlano dei teli sepolcrali rinvenuti nel sepolcro di Gesù ma solo a partire dal VI secolo. Questo perché il famoso Sacro Mandylion, che era un involto contenente un lenzuolo tombale ripiegato con sopra un sudario sepolcrale, fu rinvenuto ad Edessa proprio in questo secolo. E non a caso si è cercato allora di identificare il sudario del Sacro Mandylion con il velo un tempo tenuto stretto dalla Madonna dopo la morte di Gesù: Maria lo metteva esposto sempre verso Est, appunto per pregare il Figlio attraverso il Padre.
Ecco il passo preso dal testo tramandato in versione georgiana del Transitus (trapasso della Madonna dalla terra al cielo):
Dopo l’Ascensione di suo Figlio la Vergine Immacolata conservava l’immagi­ne che aveva ricevuto dalle mani di Dio, formatasi sul Sudario; la teneva sempre con sé per poter ve­nerare il volto meraviglioso di suo Figlio. Ogni volta che desiderava pregare suo Figlio poneva l’immagine verso est e pregava guardando l’immagine del volto e tenendo le mani aperte. Quando il lavoro dell’intera vita di Maria fu completato, ella fu trasferita dagli apostoli su una ba­rella in una caverna dove fu posta di fronte all’immagine di suo Figlio”.

In ogni fotografia scattata bene, se si procede col computer a farci passare un filtraggio, che si trova in qualsiasi buon programma di grafica e che si chiama "equalizzazione", si può ottenere un'esaltazione della luce proiettatta su un soggetto dalla quale è possibile comprendere anche la direzione della fonte luminosa; nella fattispecie vedi il risultato per il S.S. Volto del Signore della fig.2.

Nella metà del X secolo, un medico di nome Smera trovò un antico testo siriaco, risalente al VI-VII secolo, che descriveva le vicende dell’Acheiropoiétos. Egli lo tradusse in latino.
Il testo raccontava che sul "linteum" presentato Al re Abgar di Edessa da Giuda Taddeo "faciei figuram sed totius corporis figuram cernere poteris": non solo vi era il Viso, ma era visibile anche tutta la figura del corpo. Il Telo era rimasto incorrotto nonostante la sua antichità durante il lungo periodo nel quale era stato nascosto all’interno di una nicchia. Dopo che fu rinvenuto ad Edessa, il Sacro Mandylion veniva conservato in un reliquiario adornato da una cornice e non poteva essere visto dalle folle se non in occasioni particolari. Una di queste occasioni era il giorno di Pasqua.

Il S. Mandylion nell'iconografia bizantina

Come si può osservare da quest'antichissima rappresentazione bizantina, ritroviamo tutto ciò che fu riportato anche dal medico Smera. Il volto diapositivo del Volto Santo di Manoppello un tempo veniva mostrato al popolo di Edessa, nel giorno di Pasqua, in un reliquiario adornato con una cornice e con dietro un telo lungo, spiegato, che rimanda alla S. Sindone di Torino.

A sinistra l'immagine latente e monocromatica della S. Sindone, caratterizzata dai riflessi di luce che si erano prodotti sul sudario di Manoppello e dal liquido ematico disidratato, ossidato e trasformato in un tono giallo paglierino che ci rimanda ai caratteri somatici di Gesù Cristo macchiati dal Sangue della Passione. Per ottenere lo sviluppo a colori dell'impronta sempre in positivo del Volto della S. Sindone, ci viene allora in aiuto il Volto Santo di Manoppello, vedi la sua sovrapposizione al volto sindonico della figura2.

Testimonianza iconica di quando il sudario del Sacro Mandylion (Volto Santo di Manoppello) nel Medioevo si trovava a Roma con il nome di Veronica

Qui sotto vediamo un'antica medaglietta ricordo, del XV secolo, che veniva venduta ai romei arrivati a Roma per il Giubileo. A quel tempo era viva la leggenda che fosse stata Santa Veronica ad aver fatto arrivare la reliquia nell'Urbe, e che, per riconoscenza verso la donna anche al sudario era stato attribuito il suo stesso nome. Ma da come apprendiamo dal cronista Gervasio di Tilbury, vissuto due secoli prima che fosse proclamato il primo Giubileo, il nome Veronica, per il sudario, derivava da una trasposizione linguistica formata da due parole: una in latino "Vera = Vera, e un'altra in greco "Eycon" = Icona, e che assieme volevano dire "Vera Icona di Cristo". Icona, all'epoca era il termine più appropriato per definire questo reperto sacro, visto che nessuno poteva avere ancora la più pallida idea di comprendere che l'immagine impressa nel bisso fosse invece un ologramma.

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