Il Vangelo di oggi

MISERICORDIAE VULTUM IN AETERNUM ADOREMUS.."[O Dio] continua ad effondere su di noi il tuo Santo Spirito, affinché non ci stanchiamo di rivolgere con fiducia lo sguardo a colui che abbiamo trafitto: il tuo Figlio fatto uomo, Volto splendente della tua infinita misericordia, rifugio sicuro di tutti noi peccatori bisognosi di perdono e di pace nella verità che libera e salva. Egli è la porta attraverso la quale veniamo a te, sorgente inesauribile di consolazione per tutti, bellezza che non conosce tramonto, gioia perfetta nella vita senza fine .."(PAPA FRANCESCO)

Fotomontaggio realizzato da Antonio Teseo
L'ora in Manoppello:

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martedì 26 aprile 2016

Ripercorrere il cammino del pellegrino che nel 1506 donò a Manoppello il Volto Santo al dott. Giacom'Antonio Leonelli

Seconda edizione del Cammino del Volto Santo in programma dal 3 al 14 maggio
di Antonio Teseo
Con questa bellissima manifestazione cominciata l'anno scorso, dove si è dato il via ad una tradizione che quasi sicuramente durerà nel tempo, ogni devoto della Sacra reliquia del S.S. Sudario sepolcrale di Cristo ha l'opportunità di percorrere lo stesso itinerario storico che vide probabilmente un Canonico del Vicario di Cristo, in San Pietro, partire da Roma in gran segreto per dirigersi verso Manoppello, attraversando circa 300 chilometri di strada a piedi e passando dallo Stato Pontificio al Regno di Napoli,  con lo scopo di mettere al sicuro la celeberrima Veronica (nel medioevo ritenuta la reliquia più importante per la cristianità).
Secondo i miei studi, al tempo di Giulio II, denominato il papa guerriero, l'importantissimo reperto sacro era diventato oggetto di desiderio per alcuni signori potenti di noti Casati romani, i quali si trovavano a volte in contrasto con le politiche messe in atto dal governo dello Stato Pontificio.
Proprio nell'anno 1506, papa Giuliano della Rovere istituì la Fabbrica di San Pietro: la basilica doveva diventare ancora più colossale e i lavori furono affidati al famoso Donato Bramante. Molto probabilmente, allora, il pontefice aveva pensato bene di non poter far rimanere la Veronica nella basilica con i lavori in corso; questa si sarebbe trovata esposta facilmente ad un eventuale furto e perciò, a mio avviso, avrebbe incaricato un Canonico di fiducia per trasferirla in un luogo sicuro che era appunto Manoppello, all'epoca città ricca e opulenta.
Dal passo che riporto appena sotto della Relatione Historica scritta da padre Donato da Bomba, è facile intuire che tra le tante cose riferite dal presunto Canonico al dottor Leonelli, vi fosse quella di nascondere il Volto Santo in una nicchia, dove nessuno doveva averne accesso di scrutare se non gli eredi del fisico salvo previo giuramento:
     "Per riverire poi sì bella e santa immagine e, per quanto possibile, rendersi grato a Dio del beneficio ricevuto, fece subito il Dottor Giacom’Antonio aprire nella propria camera e luogo di studio una finestra nel muro in forma di armadio con le sue porticine e chiavi ben aggiustate e ivi la pose e tenne con grandissima devozione e riverenza, facendovi ardere sempre di giorno e di notte una lampada; e con tanto gran zelo, acciò non gli fosse rubata, che mai vi faceva entrare persona alcuna, neanche la propria moglie e i figli se non quando vi era lui; e per meglio assicurarsene, uscendo di casa, serrava detta camera, e portava con se sempre le chiavi di quella. Lo stesso fecero poi i suoi eredi e discendenti per lo spazio di cent’anni e poco più."   
RELATIONE HISTORICA DI P. DONATO DA BOMBA (1640)
documento conservato a L'Aquila, presso l'Archivio Provinciale dei Frati Minori Cappuccini d'Abruzzo (altri esemplari della Relatione Historica si trovano presso la Basilica del Volto Santo e presso il Santuario della Madonna dell'Incoronata a Vasto)
Nel tempo di Giulio II, Pontefice Romano, circa gli anni del Signore 1506, di Massimiliano terzo di questo nome fra gli Imperatori Austriaci, e di Ferdinando re di Napoli, della Spagna citeriore e ulteriore (fuorché del regno di Portogallo con le sue Indie orientali) Imperatore e conquistatore delle Indie occidentali per mezzo di Cristoforo Colombo italiano e dell’inclita Città di Genova nativo nel 1451, e Avo dell’ invittissimo Imperatore Carlo V per via di Madre, la quale fu Giovanna unica figliola della Regina Isabella e moglie del già detto Ferdinando, maritata con Filippo d’Austria e Figlio soprannominato Massimiliano III: dal quale Carlo poi sono discesi tutti gli altri Filippi, come legittimi Re e veri Signori ed eredi di tutti i sopraddetti Stati, Regni e Imperi, e in particolare del nostro Regno di Napoli; viveva in Manoppello, terra molto civile e ben situata, di tutte le cose necessarie all’umano vivere ricca e opulenta, nell’Abruzzo Citeriore, provincia del regno di Napoli, Giacom’Antonio Leonelli, dottore fisico e molto famoso nell’astrologia e altre arti liberali, come fanno fede certe sue opere manoscritte in carta pergamena, ma molto più famoso era nelle virtù morali e in quelle cose che appartengono al culto divino. Se ne stava un giorno Giacom’Antonio Leonelli in pubblica piazza e quasi sulla porta della chiesa matrice il cui titolo è di S. Nicola di Bari, in onesta conversazione con altri suoi pari; nel più bello del discorso vi arrivò un pellegrino da nessuno conosciuto, d’aspetto religioso e molto venerando, il quale, salutato che ebbe una così bella corona di cittadini, disse con termini di creanza e umanità al Dottor Giacom’Antonio Leonelli di dovergli parlare di una cosa segreta e a lui di molto gusto, utile e profitto. Tiratoselo cosi da parte sin dentro i liminari di essa chiesa di S. Nicola, gli diede un fardelletto e, senza svolgerlo, gli disse che si tenesse molto cara quella devozione, perché Dio gli avrebbe fatto molti favori e avrebbe sempre prosperato e nelle cose temporali e quelle spirituali. Preso Giacom’Antonio il fardelletto, appartatosi verso il fonte dell’acqua benedetta, cominciò ad aprirlo. Vista quella Sacratissima Immagine del Volto di Cristo Signore nostro, restò, a prima vista, alquanto spaventato, prorompendo in tenerissime lacrime che poi raffreddò per non apparire così ai suoi amici. Ringraziando Dio di un tanto dono, riavvolse l’immagine come era prima, si rivolse poi allo sconosciuto pellegrino per ringraziarlo e accoglierlo nella sua casa, ma non lo vide più. Spaventato, quasi balbettando, domandò agli amici, i quali affermarono di averlo veduto entrare con lui in chiesa, ma non averlo visto uscire da essa. Pieno di meraviglia, lo fece diligentemente cercare dentro e fuori di Manoppello, ma non fu possibile rintracciano, onde tutti giudicarono quell’uomo sotto l’aspetto di pellegrino essere un Angelo del cielo o altro Santo del Paradiso. Con questo fermo e vivo sentimento di un angelo mandato da Dio a fargli tale dono, ringraziando Dio, accompagnato dai sopraddetti amici, pieno di estrema allegrezza, tornava a casa, accorrendo ogni sorte di gente di detta terra di Manoppello per vedere miracolo sì bello. Per riverire poi sì bella e santa immagine e, per quanto possibile, rendersi grato a Dio del beneficio ricevuto, fece subito il Dottor Giacom’Antonio aprire nella propria camera e luogo di studio una finestra nel muro in forma di armadio con le sue porticine e chiavi ben aggiustate e ivi la pose e tenne con grandissima devozione e riverenza, facendovi ardere sempre di giorno e di notte una lampada; e con tanto gran zelo, acciò non gli fosse rubata, che mai vi faceva entrare persona alcuna, neanche la propria moglie e i figli se non quando vi era lui; e per meglio assicurarsene, uscendo di casa, serrava detta camera, e portava con se sempre le chiavi di quella. Lo stesso fecero poi i suoi eredi e discendenti per lo spazio di cent’anni e poco più. E fu cosa notata da tutti che, conforme alla promessa fatta dal pellegrino, o, per dir meglio, da quell’angelo del cielo o altro Santo del Paradiso, non solamente si mantenne in piedi quella famiglia di Leonelli conforme al suo grado, ma andò sempre crescendo in beni di fortuna e in favori spirituali. Accadde poi che i pronipoti di Giacom’Antonio, volendosi dividere i beni di quello, essendovi delle controversie, un certo soldato e uomo d’armi chiamato Pancrazio Petrucci, il quale aveva preso per moglie una donna discendente della famiglia Leonelli, chiamata Marzia, ancora vivente, prendendo come pretesto i diritti della moglie, entrò violentemente in casa Leonelli e prese la Ss. Immagine da lui tanto desiderata. E fu notato da tutti che, uscita la SS. Immagine dalla casa Leonelli, quella famiglia andò in rovina. Ma più in rovina andò il Pancrazio, forse non tanto perché l’aveva presa e con ragioni pretestuose, quanto perché non la tenne poi con quella devozione e decoro come doveva. Presa che l’ebbe, non la ripiegò con quella diligenza e devozione come si doveva a una cosa tanto miracolosa e divina, ma tutta strapazzata e malamente ripiegata se la portò nella propria casa, ivi tenendola con tanta poca riverenza e stima. Ciò nonostante si conservò tutta bella e intatta, benché molto aggninzita e denigrata; cosa che dovette molto dispiacere a Dio. Ma poiché le cose di questo mondo sono più variabili della luna, accadde che il detto Pancrazio che aveva sottratto la Ss. Immagine, nitrovandosi carcerato nella Regia Udienza della Città di Chieti, bisognoso di denari, scrisse alla moglie Marzia che vendesse o impegnasse qualsivoglia cosa di casa, in particolare gli accennò la Ss. Immagine (diceva questo perché sapeva che molti la desideravano), e gli mandasse denari per uscire dalle carceri. Andò dunque la buona e semplice donna al Dottor Donat’Antonio De Fabnitiis della medesima terra di Manoppello (uomo non meno dotato di religiosa pietà che il sopraddetto Giacom’Antonio Leonelli), e portandogli la Ss. Immagine lo pregò da parte di suo marito che se la comprasse, o se la pigliasse in pegno finché suo marito ritornasse, ponendo in sua podestà il prezzo e la quantità di ciò che dare gli voleva; il quale, desideroso di avere in casa sua sì grande e prezioso tesoro, diede alla Donna quattro scudi corrispondenti a circa lire venti correndo gli anni del Signore 1618, e prese la Santissima Immagine senza vederla, né svolgenla. Partita poi la donna con i quattro scudi, e, disbnigato gli affari in cui era occupato nell’ora del contratto, tutto allegro e festoso l’avventurato Donat’Antonio per sì bella compra, spiegò l’Immagine la quale era nel mezzo di un velo quadrato e tutto trasparente per la rarità della tessitura, dalla grandezza di quattro palmi da ogni lato, trovò che il velo, per essere stato malamente tenuto e conservato, dopo che fu pigliato dalla casa Leonelli, era tutto stracciato, lacerato, e da tignole e tarli mangiato, totalmente corrotto, che quasi era ridotto tutto in polvere; e quelli pochi stracciarelli rimasti pendenti, non aspettando esser toccati, da se stessi cadevano in terra, fuorché la SS. Immagine, la quale sebbene era alquanto denigrata, e molto aggrinzata, era nondimeno nel resto tutta bella, intatta, e senza corruzione alcuna. Restò quasi attonito lo spirituale mercante a prima vista, e non poco nincrescimento ebbe per la perduta spesa dei quattro scudi che aveva fatto in cosa così corrotta e mal tenuta; e postala da parte, come cosa inutile e da niente, pensava (come se fosse stato burlato) di restituirla a chi venduta glie l’aveva, e riavere i suoi danani. Stando dunque in simili pensieri, vi capitò il Padre Presidente del convento dei PP. Cappuccini, che allora si fabbricava in detta terra di Manoppello, il P. Clemente da Castelvecchio Sacerdote, persona molto sagace e accorta, col quale dolendosi di sì bella mercanzia che fatto aveva, gli scoprì anche i pensieri che aveva di restituirla, per riavere i suoi denari. Il Padre, inteso il caso, e vista la bellezza e la qualità dell’Immagine s’intenerì tutto di dentro, s’inginocchiò, l’adonò, e con molta efficacia esortò Donat’Antonio a non restituirla, che se quella persona avesse voluto più denari più glie ne avesse dato, non trovandosi al mondo prezzo equivalente per pagana; e che il restar la Ss. Immagine così bella e dalla corruzione intatta era stata cosa miracolosa e particolare provvidenza d’Iddio.
Per lo cui sano e spirituale consiglio, quietandosi il Dottore, si chiamò contento, e poco ancora gli parse il prezzo delli quattro scudi. Onde l’istesso P. Clemente, pigliate le forbici, tagliò via tutti quelli stracciarelli d’intorno, e punificando molto bene la SS. Immagine dalle polveri, tignuole e altre immondizie, la ridusse alla fine come adesso appunto si trova. Il sopraddetto Donat’Antonio, desideroso di godersi quella Ss. Immagine con maggior devozione la fece stendere in un telaio di legno, con cristalli dall’una e dall’altra parte, ornata con certe cornicette e lavori di noce da un nostro Frate Cappuccino chiamato Frate Remigio da Rapino (non fidandosi di altri maestri secolari). E qui mi occorre anche dire una cosa parimenti notata da tutti i più giudiziosi e vecchi di Manoppello, che come andò subito in rovina la Casa di Giacom’Antonio Leonelli, persa che ebbe la già detta SS. Immagine, con quella di Pancrazio Petrucci, che tolta e venduta l’aveva, cosi la casa del Dottor Donat’Antonio De Fabnitiis che la comprò, per averla tenuta con maggior devozione e fra le cose più care e preziose, prosperò sempre di bene in meglio. Considerando il pietoso e zelante Dottore Donat’Antonio che maggior decoro sarebbe stato della SS. Immagine restarsene in qualche devota chiesa, né resistendo a tale impulso celeste e divino (dopo aver chiuso l’orecchio alle richieste del clero e di altri religiosi di detta terra che con istanza la richiedevano), la diede al nostro convento dei cappuccini, ove se ne resta con molta devozione di quel popolo e gusto particolare di quei Padri che mai si saziano di riverirla.
Asterisco del 24/04/2016
Programma della TV abruzzese "Rete8"
dove è stato ospite il consigliere con delega al turismo del comune di Manoppello, Emanuele De Luca,
   che ha parlato della seconda edizione del Cammino del Volto Santo da San Pietro, in Roma, a Manoppello (Pe).



Niccolò V mostra la Veronica all'imperatore Federico III
Affresco conservato nelle Grotte vaticane della
Basilica di San Pietro
L'umanista italiano Maffeo  Vegio, racconta che Federico III, dopo essere stato incoronato imperatore da Niccolò V, il 19 marzo 1452, per poter venerare la Veronica dovette essere insignito con l'appellativo di Canonico Soprannumerario. Solo dopo aver indossato l'abito liturgico dei Canonici, egli poté allora contemplare il S.S. Sudario sepolcrale di Cristo (Is. 52, 15).